Ultima Thule: Ricordi di un Viaggio di Studio Invernale Nelle Isole Shetland (Viaggi e Ricerche di un Antropologo tra Vecchio e Nuovo Mondo) (en Italiano)

Franco Pelliccioni · Independently Published

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Reseña del libro

Pitea “aveva udito che essa è la più settentrionale delle isole britanniche, sei giorni più a nord della Britannia e vicina quasi un giorno soltanto dal “Mare Gelato” (…) in cui terra e mare e tutto galleggia (…) cosa che non può essere oltrepassata da uomini e navi (…) vi è terra abitabile fino alle “parti estreme intorno a Thule”. Pitea è il navigatore greco che, alla fine del IV secolo a.C., effettuò il suo avventuroso viaggio verso le terre boreali europee. Fino a giungere a quella che venne definita l’isola di Thule o Ultima Thule che, secondo alcuni, sarebbe individuabile nelle isole Shetland. Non so se questo arcipelago nordico sia la Thule dell’avventuroso greco. Senz’altro per me l’isola di Mainland rappresentò il punto più settentrionale toccato nella mia vita. Tanto più che il particolare aspetto geo-astronomico veniva confermato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, dal rigido clima invernale. Connotato da un gelo così intenso da penetrare nelle ossa. Spesso accompagnato da impressionanti raffiche di vento, capaci improvvisamente di sospingerti. E dire che l’anno appresso avrei raggiunto il punto più vicino al Polo Magnetico. A Resolute Bay, nell’Alto Artico canadese, nel corso del mio survey antropologico tra gli Inuit. Poi, venti anni dopo, nelle Svalbard avrei oltrepassato in due occasioni quella latitudine, prima a Longyearbyen, successivamente a Ny-Ålesund. Eppure nel 1982 potevo ritenermi più che soddisfatto per quello che, all’epoca, costituiva il mio record personale. Per la prima volta in vita mia io, che avevo effettuato ricerche solo nei paesi tropicali, potevo addirittura pensare di trovarmi ben più a nord, di quel che ero in realtà. Come i protagonisti delle spedizioni esplorative ed etno-antropologiche, che mi avevano affascinato da ragazzo. L’idea di realizzare questo libro, rendendolo disponibile ad una più ampia platea di lettori, rispetto a quelli che avevano avuto modo di leggere i miei articoli sull’argomento, è venuta guardando: Shetland, serie televisiva prodotta per la BBC. Inaspettatamente ho provato una forte sensazione di nostalgia, osservando nuovamente quell’ambiente così completamente differente da quelli mediterranei. Quasi sempre caratterizzato da chiaroscuri di inusitata, seppur singolare, bellezza. I panorami maestosi, le gigantesche scogliere a picco sul mare, le nuvole basse, l’atmosfera decisamente subartica, mi hanno fatto tornare alla mente che quelle isole potevano realmente rappresentare, ca. 2.500 anni fa, l’ultima terra abitabile dell’ecumene. Perché avrei perfino potuto ammirare, alte nel cielo notturno, le sciabolettanti e fantasmagoriche aurore boreali dell’Ultima Thule…Quel viaggio nordico avrebbe rappresentato per me il primissimo approccio ad una realtà ecologico-culturale radicalmente diversa da quelle conosciute fino ad allora (Sudan, Kenya, Messico). Che l’anno appresso, con il mio survey tra sei comunità Inuit dell’Artico canadese, si sarebbe andata rafforzando. Tra l’altro in quelle isole scozzesi l’ex africanista avrebbe “incontrato” per la prima volta i Vichinghi. Un iniziale approccio, che si sarebbe consolidato in seguito. Poiché le Shetland rappresentarono la prima di numerose “tappe” del mio futuro peregrinare sulle tracce del movimento vichingo d’oltremare, che mi avrebbero condotto: ancora a sud-ovest (Orcadi, Scozia e Inghilterra nord-orientale, Ebridi Esterne, Fær Øer, Dublino), verso nord (Svalbard), verso ovest (Terranova, Islanda, Groenlandia, Labrador), verso sud (Normandia), verso est (Russia). Grazie al quel viaggio sarebbe stato gettato il primo seme di ciò che, anni dopo, si sarebbe trasformato nel mio Programma sulle Comunità Marittime dell’Atlantico Settentrionale.Naturalmente ho integrato e aggiornato i dati statistici, economici e demografici inseriti nel volume, in modo da offrire al lettore un quadro il più completo possibile della “situazione” dell’arcipelago al 2018. 114 immagini, di cui 89 a colori.

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